BY: Federica Bernardi

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Portare un bambino o un adolescente dallo psicologo è visto ancora oggi da molti come una vergogna e non riuscire a risolvere da soli un problema o un disagio del proprio figlio viene vissuto da alcuni genitori quasi come una sconfitta.

Ovviamente non è così, anzi, far parlare un bambino con una persona esterna che si occupa di psicologia infantile può essere a volte più utile dei mille sforzi e tentativi di un genitore. Chiedere l’aiuto di uno psicologo non deve spaventare: quando si percepisce un problema in un bambino è bene intervenire subito e non lasciare che la situazione si aggravi.

Ma cos’è la psicologia dello sviluppo e di cosa si occupa lo psicologo infantile?

La psicologia dello sviluppo ha lo scopo di capire ciò che crea difficoltà o interferisce con l’equilibrio psicofisico del bambino/adolescente e della sua famiglia. Valuta gli aspetti emotivi, cognitivi e relazionali del ragazzo ed individua le possibili risorse e punti di forza in lui e nei suoi contesti di vita. Nel lavoro con i bambini e con gli adolescenti ci si pone l’obiettivo di affrontare le difficoltà incontrate dai minori durante le diverse e difficili fasi dello sviluppo cognitivo, psico-affettivo e socio-relazionale, utilizzando una metodologia adatta a questa fascia di età.

Oltre che a intervenire direttamente con il bambino, inoltre, si lavora con la coppia genitoriale e con l’intera famiglia, che assume quindi un ruolo attivo nel processo di cambiamento. In questo modo, oltre che favorire il benessere del minore e dell’intero nucleo familiare, si permette ai genitori di acquisire nuovi strumenti per costruire e gestire la propria realtà familiare.

 

Come si fa a capire quando è necessario l’intervento di uno psicologo che si occupa di età evolutiva?

Le situazioni più comuni per le quali è richiesto l’intervento di uno psicologo infantile sono di natura comportamentale o riguardano problemi dello sviluppo. Un primo campanello d’allarme potrebbe essere un cambiamento di atteggiamento del bambino o dell’adolescente: il minore può iniziare ad assumere comportamenti molto diversi dal solito, oppure passare da stati di buon umore a momenti di rabbia ingiustificata. Possono manifestarsi disturbi di attenzione, eccessiva iperattività, scarso rendimento scolastico. Il minore può manifestare difficoltà di separazione dalle figure di attaccamento, o, al contrario, mostrare un marcato rifiuto o aggressività nei confronti di queste ultime. Può rifiutarsi di rimanere da solo oppure di andare a scuola. Può iniziare a mostrare difficoltà relazionali o nell’area emotiva o comportamentale. Anche casi di inappetenza, stanchezza, problemi nel sonno, incubi notturni possono essere il sintomo di un disagio più profondo.

Inoltre, le difficoltà e il disagio del bambino potrebbero essere connesse ad un periodo di particolare stress legato ai “passaggi scolastici” (dall’asilo alle elementari o dalle elementari alle medie), oppure potrebbe esserci un malessere causato da eventi traumatici come l’allontanamento di un adulto di riferimento o un lutto, cambiamenti all’interno nel nucleo familiare (separazioni, divorzi, arrivo di un fratellino) o difficoltà nel contesto scolastico.

In tutti questi casi, e comunque in tutti i casi in cui una famiglia debba affrontare momenti critici della propria storia di vita e abbia bisogno di fare chiarezza sulla strada migliore da percorrere per il benessere familiare e la salute mentale del proprio figlio, consultare un professionista può aiutare a decodificare i segnali di possibile malessere manifestati dal bambino, contestualizzarli e capire eventualmente in che modo poter essere aiutati.

 

Come lavora lo psicologo con i bambini e con gli adolescenti?

Il primo colloquio avviene generalmente con i genitori, o con chi si prende cura del bambino; in genere vengono valutate le motivazioni per le quali è stato contattato il professionista e vengono raccolte informazioni sulla storia di sviluppo del bambino e sulla famiglia. Si prosegue poi all’interno di una prima fase di accoglienza e valutazione, il cui obiettivo primario è quello di mettere a proprio agio il minore, incontrandolo sia insieme ai genitori che da solo. Vengono poi definiti gli obiettivi e condivisi con i genitori. La collaborazione con questi ultimi è un elemento fondamentale del percorso, per far sì che i cambiamenti possano essere rinforzati anche a casa e per il benessere generale di tutti i componenti della famiglia.

Lo psicologo nelle fasi iniziali può utilizzare specifiche tecniche di osservazione e test da somministrare al bambino, in base ai quali definire obiettivi e strategie di intervento. Il lavoro con i bambini, proprio per la particolare età dei pazienti, utilizza poi principalmente strumenti che permettono l’emergere di contenuti verbali e non verbali utili al professionista per la comprensione del funzionamento psichico del bambino, ma allo stesso tempo che non siano percepiti come “invasivi”. Il gioco riveste una grande importanza: solitamente sono presenti nella stanza materiali ludici come bambole, personaggi che rappresentino una famiglia, costruzioni, plastilina ed anche giochi strutturati come puzzle o giochi da tavolo. Altro importante strumento è quello del disegno: matite e colori permettono al bambino di utilizzare un linguaggio a lui familiare e attraverso il quale i contenuti emotivi possano emergere con maggiore facilità.

 

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